9 Marzo 2020

Fragilità. O degli autoproduttori che parlavano ai corrieri.

Repost del Blog dei Gualandi dell’11 aprile 2017

Inutile girarci intorno, la ceramica si può rompere.

Questo materiale che abbiamo posto al centro della nostra produzione, ma che dico, della nostra vita, ha la sua fragilità. Come tutto, come ogni cosa. E proprio come ogni cosa ha i suoi punti di forza.

Ci ritroviamo, nostro malgrado, a fare i conti con questa caratteristica parlando dei gioielli, uno dei nostri prodotti di punta.

Chi conosce le nostre collane sa che sono fatte di maxi elementi, grandi palle ed enormi bottoni, in cui mettiamo un po’ della parte buona di noi, l’allegria, un pizzico di stile, il desiderio di entrare nella quotidianità delle vite degli altri portando un accessorio che si faccia notare per il suo alto tasso di elegante esuberanza. Bon!

Detto questo ci sono due piccoli scogli che vediamo spuntare, alle volte, quando una cliente si avvicina per la prima volta ad una nostra creazione. il primo è: “sarà pesante!”. Lesti invitiamo a sollevare e provare la collana. La reazione, immediata, quanto inaspettata per loro, è: “ah ma è leggera!!!”.

Il secondo arriva più raramente ma colpisce dritto al cuore. Alla parte molle di noi. “Ma si può rompere!”

Inevitabilmente, presumibilmente, ineluttabilmente sì. Se cade.

Possiamo stringere, cercare di deformarla, comprimerla, esporla ad agenti esterni come l’acqua, il freddo, il caldo, possiamo provare a raschiarla. La ceramica si dimostrerà molto resistente. Ma se lasciamo cadere… la rottura sarà quasi inevitabile.

E allora?! Vuol dire che dobbiamo rinunciare alla sua lucentezza, al suo calore, alla sua profondità, alla sua artigianalità, alla sua eternità??!

Giammai.

Dobbiamo solo imparare a gestirla. A curarla.

In fondo tutti i giorni maneggiamo senza alcuna preoccupazione ogni genere di oggetto in ceramica. I piatti, le tazze, le tazzine, non sono forse in ceramica?! Eppure non ci allarmiamo perché potrebbero cadere, non li abbiamo sostituiti con stoviglie in alluminio o tazzine in plexiglass. Ne abbiamo cura. Semplicemente.

Da parte nostra abbiamo anche imparato a parlare con i corrieri a cui consegniamo i nostri pacchetti da spedire dopo averli confezionati con le dovute precauzioni. Li accompagniamo con raccomandazioni e ogni genere di adesivi che, ci auguriamo, generino allerta, prima di inavvertiti o eventuali lanci nel furgone. Come spesso accade, parlare paga! Anche i corrieri fanno il loro.

Con la ceramica, come con le persone care, è così. Bisogna averne cura. Quella fragilità è lì ad indicare che la sua unicità è fatta anche di un limite, proprio come avviene per noi che di fragilità ne abbiamo a milioni. Eppure chi ci ama lo sa e non scappa via.

Quindi è così. Se cade la ceramica si rompe. 

Eppure la mettiamo nelle manine di Giovanni, di appena due anni, perché inizi a conoscerla. Gli diamo certi piccoli pesci rossi fatti, a suo tempo, in previsione delle sue bomboniere. Lui li adora. Gli piace quel suono così particolare che fanno quando si toccano. Ogni tanto qualcuno cade e si rompe. Giovanni lo guarda stupito e noi lo guardiamo, divertiti, stupirsi. 

Impara il materiale e così anche il rispetto per le cose.