26 Settembre 2018

L’arte messa da parte

Sapete cosa ho fatto per tanti anni, oltre ovviamente a svariate cazzate? Intendo tanto tanto tanto tempo fa, molto prima di diventare una dei Gualandi? Ho studiato arte contemporanea. Storia dell’arte medievale, bizantina, moderna, estetica, dei paesi europei, delle arti applicate e poi mi sono specializzata in storia dell’arte contemporanea. Che differenza c’è fra la storia dell’arte del passato e quella più recente?
Nessuna, solo che per studiare la seconda, la storia dell’arte contemporanea, devi essere pronto a mettere in discussione tutto, anche te stesso. Forse c’è anche un’altra differenza: l’arte contemporanea non si studia soltanto; si segue!
Quella datata dalla fine dell’Ottocento agli anni Novanta del Novecento (almeno tanto tanto tanto tempo fa era così) la studi sui libri e ne fai esperienza dal vivo, nei musei. Se vuoi davvero cogliere quella delle generazioni successive invece devi seguirla nelle gallerie, sulle riviste, nelle fondazioni, alle fiere, nelle strade, nei luoghi meno deputati e in ogni non luogo di cui si impossessa o in cui semplicemente transita.


Devi inseguirla ovunque e, quando la trovi, mettere in azione un senso critico che faccia ricorso, da un lato, alle elementari distinzioni (quella tipica di Sordi di una sedia vs. un’installazione può essere un esempio non molto lontano dalla realtà) e dall’altro a tutti quei riferimenti storico-artistici che permettano una pur vaga classificazione. Una specie di affannosa indagine, modello Basettoni, a caccia di “riferimenti” ma senza Topolino a risolverti la faccenda. Detta così potrebbe sembrare ne stia parlando male, tutt’altro, era molto divertente.

Una delle cose che a me e Renato piaceva fare, prima ancora di metterci insieme, era visitare musei e gallerie. Quando c’era una grande mostra o una Biennale o qualche importante avvenimento andavo sempre con lui. Magari non ci vedevamo per mesi ma quello che abbiamo sempre condiviso da ragazzi è stata la passione per l’arte.

Il suo esame di storia dell’arte contemporanea all’università è l’unico a cui ho assistito, mi ricordo persino che fu interrogato su Cambellotti. Gli andò benissimo e di culo, lo adorava!

Ad un certo punto ho smesso di seguire l’arte contemporanea.
Era una corsa forsennata. Avevo sempre la sensazione mi sfuggisse qualcosa. Ho cominciato a cercare altrove, verso ambiti di ricerca più lenti, in cui ci fosse una minore ossessione per la sensazionalità. Ma l’arte contemporanea è stata e rimane il mio primo grande amore. Molte persone finiscono per fare altro nella vita rispetto al proprio corso di studi. Io sono una di quelle. Dopo un momento di vero e proprio rifiuto, per cui ho avuto le bolle anche solo a pronunciare la parola “mostra”, capisco che poi tutto torna, trasfigurandosi.

Oggi sono qui che ringrazio ogni opera che ho guardato, tutti gli artisti che ho amato, quelli che ho frequentato (alcuni grandissimi) e quelli che apparentemente ho avuto la sensazione mi fossero scivolati via. Un bagaglio di visioni che mi ripassa davanti agli occhi spesso, a volte all’improvviso, pieno di colori, pigmenti, pennellate, fotogrammi, forme, soggetti, tagli prospettici, installazioni, fotografie, inquadrature, contaminazioni, happening, allestimenti, performance. Le inaugurazioni a base di tartine e imbarazzo, alcolici chic e frivolezze, me le butto volentieri alle spalle.

Tutto il resto me lo tengo stretto stretto, come un bagaglio prezioso, come terrei, per dire, una borsetta alla stazione, e, a conti fatti, mi sento in debito. Perché l’arte contemporanea, più di altre discipline, mi ha mostrato l’importanza di un pensiero critico, la bellezza (a volte) della complessità, il valore, a cui accennavo sopra, del mettere in discussione tutto, partendo da se stessi. Chissà questo blog, che sto cercando di portare avanti ormai da due anni e che, come dichiarato, è uno spazio di svago per i Gualandi, chissà proprio questo blog non possa ospitare l’arte di tanto in tanto?!

Nel blog ci raccontiamo e allora allargare il racconto a vecchie frequentazioni, con le quali abbiamo una certa dimestichezza, e diffondere conoscenze, potrebbe fare bene ad entrambi, a noi che di qui scriviamo e a voi che di lì, forse, leggete. Così ogni tanto, quando capita. Le regole del marketing ci avrebbero imposto di intercettare, tirando più o meno ad indovinare, i vostri interessi ma chissà che invece, assecondando i nostri, non possiamo venirci incontro lo stesso facendo entrambi meno strada?!

Qualche info sulle immagini in ordine di apparizione:

  • particolare de Il giardino dei Tarocchi di Nike de Saint Phalle, 1979-1996, Capalbio (GR)
  • Io alla 50esima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, La Biennale del 2003; l’opera che ho alle spalle onestamente non me la ricordo, ho cercato sul catalogo ma niente, che fosse un allestimento?
  • Io e Renato diversi anni fa
  • Una scultura che sta parlando con Renato a Il giardino dei Tarocchi di Nike de Saint Phalle, 1979-1996, Capalbio (GR)
  • Motohiko Odani, Berenice, 2003
  • uhmmmmmmmm
  • Gino De Dominicis, Calamita cosmica, 1998, Foligno (PG)